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Requisiti pensionistici per il 2020

L’INPS, con la circolare n. 19 del 2020, aggiorna i requisiti minimi di riferimento richiesti per l’accesso alle varie forme di pensionamento attualmente in vigore.

Pensione di vecchiaia

Il requisito per la pensione di vecchiaia per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata è pari a 67 anni. I lavoratori dipendenti, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata, che abbiano svolto una o più delle attività considerate gravose o che siano stati addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, per il periodo previsto dalla legge, e che siano in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni, il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia è fissato, anche per il biennio 2021/2022, al raggiungimento dei 66 anni e 7 mesi.
A decorrere dal 1° gennaio 2021, nei confronti di coloro che raggiungano il limite di età previsto in relazione alla qualifica o grado di appartenenza e non abbiano a tale data già maturato i requisiti previsti per la pensione di anzianità, il requisito anagrafico non è ulteriormente incrementato rispetto a quello previsto per il biennio 2019/2020.

Pensione anticipata

Introdotta dalla riforma Monti-Fornero, si può – semplificando – definire come quella prestazione previdenziale cui è possibile accedere non raggiungendo una certa età, bensì perfezionando un requisito di natura contributiva. Questo significa che diventa appunto possibile andare in pensione prima dei 67 anni richiesti dalla pensione di vecchiaia (da qui, il nome di “anticipata”), a condizione di aver accumulato un certo numero di contributi.
A differenza di quanto non accada con la pensione di vecchiaia, persiste dunque in questo caso una differenza nei requisiti tra i due sessi.
Il requisito per la pensione anticipata è 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, fino al 31 dicembre 2026. Il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico anticipato si perfeziona trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei predetti requisiti.
Per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, il requisito anagrafico si perfeziona anche per il biennio 2021/2022 al raggiungimento dei 64 anni.

Lavoratori precoci

Il requisito per il conseguimento della pensione di anzianità con il sistema delle c.d. “quote”, anche per il biennio 2021-2022, resta fissato ad almeno 35 anni e di un’età anagrafica minima di 62 anni, fermo restando il raggiungimento di quota 98, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, ovvero di un’età anagrafica minima di 63 anni, fermo restando il raggiungimento di quota 99, se lavoratori autonomi iscritti all’INPS.

Pensione di anzianità

La pensione di anzianità così come intesa in passato (35 anni di contributi e requisito anagrafico in ultimo pari a 62 anni o 40 anni di contributi) non esiste più: pensata in origine per permettere al lavoratore che avesse raggiunto una determinata anzianità contributiva di andare in pensione a prescindere dall’età, è stata infatti dapprima modificata nel 2004 mediante l’introduzione di requisiti aggiuntivi rispetto a quello contributivo e quindi del tutto “pensionata” dalla riforma Monti-Fornero che l’ha nella pratica sostituita con la pensione anticipata, che consente comunque al lavoratore di andare in pensione prima della soglia anagrafica prevista dalla pensione di vecchiaia a fronte di un certo numero di contributi.

Mediante appositi provvedimenti legislativi sono stati comunque “salvaguardati” alcuni assicurati che, ritenuti nella posizione di dover comunque essere tutelati dal sistema previdenziale, hanno potuto in via eccezionale conservare l’accesso alla pensione con le regole ante Fornero.

A decorrere dal 1° gennaio 2021 l’accesso alla pensione di anzianità avviene con i seguenti requisiti:
1) raggiungimento di un’anzianità contributiva di 41 anni, indipendentemente dall’età;
2) raggiungimento della massima anzianità contributiva corrispondente all’aliquota dell’80%, a condizione che essa sia stata raggiunta entro il 31 dicembre 2011, ed in presenza di un’età anagrafica di almeno 54 anni;
3) raggiungimento di un’anzianità contributiva non inferiore a 35 anni e con un’età anagrafica di almeno 58 anni.
Clicca qui per leggere il testo integrale della circolare INPS 19 del 07.02.2020

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Bando Isi Inail, il ritorno

Pubblicata la nuova misura: più di 250 milioni per le imprese che investono in sicurezza e salute dei lavoratori.

Ritorna l’appuntamento con il Bando ISI Inail 2019, la principale iniziativa dell’Istituto per sostenere con contributi a fondo perduto gli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il Bando ISI Inail è finalizzato alla prevenzione e riduzione degli infortuni sui luoghi lavoro, sostenendo e incentivando le imprese a realizzare progetti per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; le micro e piccole imprese del settore agricolo sono agevolate nell’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature da lavoro, con lo scopo di ridurre le emissioni inquinanti, il livello di rumorosità e il rischio infortunistico derivante dallo svolgimento di operazioni manuali. La ripartizione dei fondi, per un totale risorse superiore a € 251 milioni, si articola in 5 assi di finanziamento che si differenziano per i soggetti destinatari e per la tipologia di progetto:
Asse 1 (ISI Generalista):
Asse 1.1 – Progetti di investimento (riduzione e prevenzione del rischio da rumore o di caduta, rischio chimico, biologico e sismico, rischio derivante da vibrazioni meccaniche ed infortunistico): € 96 milioni;
Asse 1.2 – Progetti di adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale: € 2 milioni;
Asse 2 (ISI Tematica) – Progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale dei carichi (MMC): € 45 milioni;
Asse 3 (ISI Amianto) – Progetti di bonifica da materiali contenenti amianto (MCA): € 60 milioni;
Asse 4 (ISI Micro e Piccole Imprese) – Progetti per imprese operanti nei settori della pesca e della fabbricazione dei mobili: € 10 milioni;
Asse 5 (ISI Agricoltura) – Progetti per imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria:
Asse 5.1 – generalità delle imprese agricole: € 33 milioni
Asse 5.2 – giovani agricoltori, organizzati anche in forma societaria – € 7.000.000.
Il bando precisa che gli importi potranno subire variazioni in aumento o in diminuzione sulla base delle domande inviate e confermate attraverso l’invio della documentazione a completamento della procedura.
I soggetti destinatari dei finanziamenti sono le imprese ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio; con riguardo all’Asse 2 di finanziamento, sono ammessi anche gli Enti del terzo settore.
I finanziamenti a fondo perduto sono calcolati sulle spese ammissibili (al netto dell’IVA) e sono assegnati fino a esaurimento delle risorse finanziarie, secondo l’ordine cronologico di ricezione delle domande.
Per gli Assi 1, 2, 3 e 4 il contributo è pari al 65% dei costi, con i seguenti limiti:
Assi 1, 2, 3, fino a un contributo massimo di € 130.000;
Asse 4, fino ad un massimo di € 50.000;
Asse 5: nella misura del 40% per la generalità delle imprese agricole e del 50% per i giovani agricoltori. Il finanziamento massimo è di € 60.000, mentre il contributo minimo è pari a € 1.000.
La domanda deve essere presentata in modalità telematica sul sito dell’Inail ed entro fine gennaio saranno disponibili le date di apertura e chiusura della procedura (compilazione delle domande e click day).

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Credito di imposta per la formazione 4.0

Quando si parla di welfare aziendale è indispensabile condividere con i dipendenti un questionario esplorativo affinché il datore di lavoro riesca a individuare i loro bisogni e soddisfarli attraverso un regolamento ad hoc. È utile includere anche domande sul clima aziendale, l’ambiente di lavoro e le aspettative dei dipendenti, dalle cui risposte possono emergere situazioni a volte sconosciute al datore di lavoro. Una di queste riguarda la formazione professionale. I dipendenti spesso manifestano l’esigenza di essere più istruiti, non si sentono sufficientemente preparati per le mansioni che devono svolgere e le responsabilità che ne derivano diventano altrettanti disagi e non opportunità di crescita. Tutto questo, nel tempo, può causare l’allontanamento di validi dipendenti perché insicuri e insoddisfatti.
Per questi motivi i datori di lavoro devono investire anche su un costante aggiornamento di competenze, capacità, esperienze: in una parola sola, investire in “learning”, che si traduce anche in una valida strategia per attrarre nuovi talenti desiderosi di crescita professionale.
Questo orientamento viene supportato dall’ultima legge di Bilancio (L. 160/2019) che all’art. 1 cc. 210-217 proroga quanto introdotto dall’art. 1, cc. 46-56 L. 27.12.2017, n. 205 e conferma per il 2020 il credito di imposta finalizzato all’acquisizione e consolidamento delle competenze tecnologiche legate ai piani di impresa 4.0. Le attività formative devono quindi riguardare i vari ambiti della cyber securitybig data e analisi dei dati, cloud computing, interfaccia uomo/macchina, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata, integrazione digitale dei processi aziendali. Il credito sarà riconosciuto per le spese sostenute nel 2020 e varia a seconda della dimensione dell’impresa: il 50% delle spese ammissibili nel limite annuale di 300.000 euro nel caso di piccole imprese, il 40% entro 250.000 euro per le medie imprese e il 30% entro 250.000 euro per le grandi imprese. Il credito di imposta sarà utilizzabile solo in compensazione dall’esercizio successivo a quello di sostenimento delle spese.
La gestione e il monitoraggio dell’agevolazione sono affidate al Ministero dello Sviluppo Economico, a cui le imprese sono tenute a inviare una comunicazione ad hoc con le modalità che saranno stabilite dal Mise stesso. Continuano comunque ad applicarsi le disposizioni del D.M. Sviluppo Economico 4.05.2018, con esclusione dell’obbligo di depositare all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente l’accordo collettivo aziendale o territoriale, che viene dunque abrogato. Questo significativo snellimento consentirà di accedere con più facilità al credito di imposta, soprattutto per le PMI che non sempre sono strutturate per affrontare iter burocratici impegnativi. Anche la modulazione del credito di imposta conferma la volontà del legislatore di sostenere maggiormente le piccole imprese che spesso hanno meno risorse da investire in ambito formazione, rischiando nel medio-lungo termine di non riuscire a rimanere al passo con le conoscenze sull’evoluzione tecnologica, con una perdita di competitività sul mercato.
La formazione ai dipendenti non può più essere una libera scelta del datore di lavoro, ma deve entrare puntualmente nei progetti di investimento delle imprese perché la crescita in azienda sarà sempre più vincolata non solo al rinnovamento tecnologico, ma anche e soprattutto alla riqualificazione dei dipendenti che ci lavorano.

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CUNEO FISCALE DAL 01 LUGLIO 2020

I 12 scaglioni dal 1.07.2020 con meccanismo decrescente all’aumentare del reddito. Imminente l’iter parlamentare (60 giorni per la conversione).

  • Per il nuovo cuneo fiscale, la bozza di decreto in fase di licenziamento prevede aumenti in busta paga dal 1.07.2020 per 16 milioni di lavoratori dipendenti. L’arrivo in Aula è dato per imminente, con 60 giorni di tempo per la conversione; lo stanziamento è di € 3 miliardi per il 2020 e di 5 per il 2021.
  • Ci guadagnerà soprattutto chi finora era incluso dal bonus Renzi, che percepirà un incremento netto di circa € 100 mensili se si trova nella fascia di reddito tra € 26.600 e € 28.000, con meccanismo decrescente al salire del reddito e l’azzeramento alla soglia di € 40.000.
  • La platea cresce di 4,3 milioni di lavoratori rispetto al bonus Renzi, con aumenti annui da € 1.200 a € 192 (da € 100 a € 16 netti in più al mese).
  • Chi percepisce il bonus Renzi da € 80 arriverà a € 100 (€ 20 in più) per la fascia fino a € 28.000 di reddito. Da questa soglia in poi, partirà un meccanismo a scalare e il credito di imposta si trasformerà in detrazione, diminuendo di valore;
    • reddito annuo fino a € 29.000: bonus € 1.166 annui (€ 97/mese);
    • reddito annuo fino a € 30.000: bonus € 1.131 annui (€ 94/mese);
    • reddito annuo fino a € 31.000: bonus € 1.097 annui (€ 91/mese);
    • reddito annuo fino a € 32.000: bonus € 1.029 annui (€ 88,5 mese);
    • reddito annuo fino a € 33.000: bonus € 1.029 annui (€ 85,7mese);
    • reddito annuo fino a € 34.000: bonus € 994 annui (€ 83/mese);
    • reddito annuo fino a € 35.000: bonus € 960 annui (€ 80/mese);
    • reddito annuo fino a € 36.000: bonus € 768 annui (€ 64/mese);
    • reddito annuo fino a € 37.000: bonus € 576 annui (€ 48/mese);
    • reddito annuo fino a € 38.000: bonus € 384 annui (€ 32/mese);
    • reddito annuo fino a € 39.000: bonus € 192 annui (€ 16/mese).

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Mezzi tracciabili per la detrazione delle spese


Ai fini fiscali, una novità degna di nota della recente legge di Bilancio è l’introduzione dell’obbligo di utilizzo di strumenti come bonifici bancari, postali, carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari o circolari.

La legge di Bilancio 2020 (L. 160/2019) ha introdotto ai commi 679 e 680 l’obbligo di utilizzare mezzi tracciabili per il pagamento di oneri detraibili. Gli strumenti tracciabili possono essere bonifici bancari, postali, o carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari o circolari, esclusi i contanti.
Gli oneri sostenuti dal contribuente che comportano una detrazione del 19% ai fini Irpef sono a titolo esemplificativo:
• spese sanitarie;
• spese veterinarie, per le quali tra l’altro si è alzato il tetto massimo di spesa detraibile, dai precedenti 387 a 500 euro per il 2020 (pur sempre con la franchigia di 129,11 euro);
• spese per la frequenza ai corsi universitari, scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie;
• premi per assicurazioni sulla vita o di invalidità;
• spese per l’iscrizione di ragazzi (dai 5 ai 18 anni) a conservatori di musica, istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, scuole di musica, cori, bande, riconosciute dalla P.A. Questa è una novità della legge di Bilancio 2020 e spetta al contribuente con un reddito fino a 36.000 euro e nel limite di 1.000 euro annui di spesa.
Se il contribuente intende fruire della detrazione, non può pagare tali spese in contanti. Tuttavia, è prevista un’eccezione: si possono continuare a pagare in contanti i medicinali, i dispositivi medici e le prestazioni sanitarie rese da strutture pubbliche o private accreditate al SSN.
Questo significa, per esempio, che i farmaci, i medicinali, i dispositivi medici acquistati in farmacia potranno continuare a essere pagati anche in contanti, tuttavia le prestazioni mediche dovranno essere pagate con mezzi tracciabili. Si pensi, per esempio, alla visita dal fisioterapista o dallo psicologo o da qualunque altra figura medica professionale che consente la detrazione citata: deve essere saldata mediante mezzi di pagamento tracciabili. Ciò implica che tali figure professionali dovrebbero dotarsi di POS così da adempiere alla norma anche con l’utilizzo di bancomat, carte di credito, ecc.
Si ricorda che il D.L. 124/2019, dal 1.07.2020, ha introdotto la possibilità per gli esercenti attività d’impresa o lavoratori autonomi con ricavi/compensi dell’anno precedente inferiori a 400.000 euro, di fruire di un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di credito, di debito o prepagate emesse da banche, poste, intermediari finanziari, ecc. Tali operatori finanziari devono trasmettere telematicamente all’Agenzia le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito. In sede di conversione in legge è stato aggiunto che la Banca d’Italia entro il 24.01 individuerà modalità e criteri con cui gli operatori finanziari trasmetteranno agli esercenti, mensilmente e per via telematica, l’elenco e le informazioni relativi alle transazioni effettuate nel periodo di riferimento; inoltre, è stato aggiunto che il credito si estende anche alle commissioni addebitate sulle transazioni effettuate mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.
Infine, occorre ricordare che, sempre in sede di conversione in legge del D.L. 124/2019, è stato eliminato l’art. 23 che prevedeva sanzioni per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito.

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I 10 principali incentivi per l’occupazione 2020

In sintesi le principali misure 2020 per assunzione agevolata di lavoratori.

  • Bonus eccellenze: riguarda l’assunzione di giovani laureati brillanti con l’esonero per 12 mesi dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro entro il limite di € 8.000. Vale per gli under 30 con laurea specialistica con 110 e lode e media ponderata non inferiore a 108/110.
  • Apprendistato di primo livello: le Pmi fino a 9 dipendenti possono assumere con un contratto di apprendistato di primo livello per la qualifica e il diploma professionale nel 2020 (la norma non è strutturale) con l’azzeramento dei contributi per i primi 36 mesi di rapporto per i giovani tra i 15 e i 25 anni. L’abbattimento dei contributi era già stato in vigore tra il 2012 e il 2016. Riguarda circa il 5% degli apprendisti complessivi. Per gli anni di contratto di apprendistato successivi al terzo, l’aliquota resta al 10%.
  • Agevolazioni per apprendistato: si possono assumere giovani tra i 15 e i 29 anni con contratto a tempo indeterminato a causa mista (lavoro e formazione) con sgravi contributivi differenziati. I datori di lavoro con un numero di dipendenti superiore a 9 hanno una aliquota contributiva pari al 10%.
  • Sgravio per under 35: sarà ancora possibile per le aziende assumere lavoratori under 35 con uno sgravio del 50% dei contributi con un limite fissato a € 3.000 annui per un anno. L’agevolazione sale al 100% per i giovani del Sud e vale sia per le assunzioni a tempo indeterminato sia per le trasformazioni di contratti a termine in contratti stabili.
  • Assunzione lavoratori in cigs: l’impresa che assume con contratto a tempo pieno e indeterminato un lavoratore in cassa integrazione da almeno 3 mesi ha una riduzione dell’aliquota contributiva per 12 mesi analoga a quella per gli apprendisti (al 10%). Sono stati assunti con questa agevolazione solo 39 addetti nel 2018.
  • Reddito di cittadinanza: è previsto l’esonero del versamento dei contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro nel caso di assunzione a tempo pieno e indeterminato di un beneficiario del reddito di cittadinanza, con esclusione dei contributi Inail. Il limite è nell’importo mensile del Rdc che spetta al lavoratore all’atto dell’assunzione, con un tetto mensile di € 780. La durata dipende dalle mensilità già fruite e raggiunge al massimo 18 mesi.
  • Occupazione femminile: è previsto di uno sgravio del 50% dei contributi per un massimo di 18 mesi per le donne con oltre 50 anni e disoccupate da almeno 12 mesi e per quelle assunte in settori con alta disparità (almeno il 25%) nell’occupazione tra uomini e donne.
  • Over 50 in disoccupazione: i datori di lavoro privati che assumono persone con oltre 50 anni disoccupate da oltre 12 mesi hanno uno sgravio contributivo del 50% per 12 mesi in caso di contratto a termine e di 18 mesi nel caso di assunzione a tempo indeterminato.
  • Percettori di Naspi: per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di persone che percepiscono la Naspi è previsto un incentivo economico pari al 20% della Naspi mensile non ancora percepita dal lavoratore.
  • Disabili: per l’assunzione di disabili sono previste agevolazioni per 36 mesi pari al 70% della retribuzione mensile lorda in caso di soggetti con riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% e del 35% della retribuzione mensile lorda in caso di assunzione di disabili con riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%.
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Per la nomina del revisore di srl obbligo di assemblea entro il 16 dicembre

Le società a responsabilità limitata e cooperative sono tenute, entro il 16 dicembre 2019, alla convocazione dell’assemblea per la nomina dell’organo di controllo o del revisore se hanno superato nel corso degli esercizi 2017 e 2018 uno dei nuovi parametri previsti dall’art. 2477 comma 2 lett. c) c.c. (ricavi o attivo 4 milioni di euro, 20 dipendenti). Tale nomina prevede, ovviamente, la convocazione dell’assemblea ordinaria, organo che, ai sensi dell’art. 2479 c.c. comma 2 n. 3 c.c., è delegato a nominare i sindaci, il sindaco unico o il soggetto incaricato alla revisione legale dei conti.

In alcune occasioni, peraltro, l’atto costitutivo dovrà essere modificato per essere adeguato alle nuove nomine e quindi l’assemblea ordinaria dovrà essere preceduta dall’assemblea che delibera con le maggioranze qualificate sulla base delle previsioni dell’art. 2479-bis comma 3 c.c., alla presenza di un notaio.

L’assemblea a maggioranze qualificate si renderà necessaria, ad esempio, quando l’atto costitutivo preveda “la nomina dell’organo di controllo si rende obbligatoria al superamento dei parametri previsti dall’art. 2435-bis c.c.” (vecchi parametri) oppure quando stabilisca che “al superamento dei parametri di legge la società è tenuta a nominare il collegio sindacale” mentre l’assise voglia nominare il sindaco unico o il revisore (si veda sul tema il parere MISE n. 139507/2012).

In queste situazioni, di norma, il presidente del CdA (o chi sia delegato nell’atto costitutivo ex art. 2479-bis c.c) o l’amministratore unico dovrà convocare prima l’assemblea qualificata per le richieste modifiche dell’atto costitutivo e poi l’ordinaria per la nomina dell’organo di controllo o del revisore. La società potrà, di contro, limitarsi alla convocazione dell’assemblea ordinaria quando l’atto costitutivo risulti già in linea con la nomina dell’organo monocratico o del revisore, come, ad esempio, quando lo stesso preveda la dizione “l’organo di controllo o il revisore sono da nominare nei casi in cui tale nomina è obbligatoria per legge”, oppure “al superamento dei limiti di cui all’art. 2477 c.c.”.

Quando la società debba nominare il sindaco o il revisore l’adunanza dell’assemblea in prima convocazione entro il 16 dicembre appare ineludibile, in quanto si tratta di assolvere a uno specifico obbligo di legge previsto dall’art. 2631 c.c. Ne deriva che la mancata convocazione assembleare determinerebbe in capo agli amministratori (si badi, a ciascun componente del CdA ai sensi dell’art. 5 della L. 689/1981) la sanzione amministrativa che va, ai sensi dell’art. 2631 comma 1 c.c., da un minimo di 1.032 a un massimo di 6.197 euro, sanzioni peraltro oblazionabili ex art. 16 della L. 689/1981.

Da notare che, nel mondo delle srl, la seconda convocazione dell’assise è consentita solo se convenzionalmente prevista nell’atto costitutivo.

L’assemblea deve quindi provvedere alla nomina del sindaco (o del collegio sindacale) o del revisore e, ricordiamo, se lo fa entro il prossimo 16 dicembre rispetterà in pieno gli obblighi di legge.

L’assise, tuttavia, seppur regolarmente convocata potrebbe, almeno nelle società pluripersonali, non raggiungere i quorum previsti dalla legge (almeno la metà del capitale sociale rappresenta il quorum costitutivo nelle ordinarie, mentre nelle qualificate occorre il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale) oppure potrebbe non riuscire a individuare un sindaco (o un collegio) o un revisore per divergenze, ad esempio, sul compenso, oppure il sindaco o il revisore potrebbe accettare l’incarico con riserva, ripromettendosi, prima dell’accettazione definitiva, di monitorare la situazione organizzativa, amministrativa e contabile della società, declinando l’accettazione dopo aver valutato la struttura societaria, ritenendo di non riuscire nel ridotto tempo a disposizione a effettuare i controlli previsti dalla legge per esprimere un corretto giudizio sul bilancio 2019.

In questi casi nessuna sanzione potrà essere irrogata sul CdA, a cui non rimarrà che riconvocare l’assemblea per provvedere alla nomina in un secondo momento. Appare opportuno assolvere a una nuova convocazione già nei mesi di gennaio/febbraio 2020.

Va ricordato, in ogni caso, che, a partire dall’avvenuta nomina, il CdA ha a disposizione 30 giorni per la relativa comunicazione al Registro Imprese (art. 2400 comma 3 c.c.), mentre non è previsto un termine specifico per comunicare la nomina del revisore. Appare quindi presumibile che difficilmente i Registri delle imprese possano attivarsi nelle prime settimane/mesi del 2020 per comunicare al competente Tribunale l’omessa nomina del sindaco o del revisore.

In ogni caso, se alla nomina provvedesse il Tribunale, come prevede il 5° comma dell’art. 2477 c.c., esso sceglierà, in assenza di valide indicazioni statutarie, sia il tipo di controllo a cui sottoporre la società (sindaco con funzione di revisione o solo revisore), sia il soggetto da nominare, nonché il suo compenso, calcolandolo presumibilmente sulla base del DM 140/2012 e privando, quindi, l’assemblea di ogni preferenza e valutazione in merito (si veda “Un mese di tempo per regolarizzare le srl senza controlli” del 16 novembre 2019).

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Fatturazione elettronica: cosa cambia dal 1 ottobre 2019



Le sanzioni sulla ritardata fatturazione riprendono il loro corso naturale a partire dal 1° ottobre 2019. Termina definitivamente il periodo di moratoria introdotto per agevolare i primi mesi di decorrenza del nuovo obbligo, grazie al quale – sino al 30 giugno – è stato possibile vedersi disapplicare le sanzioni in caso di emissione della fattura elettronica oltre i termini di legge, ma comunque entro il termine per la liquidazione periodica di periodo. Nel caso in cui, invece, la fattura è stata emessa entro il termine del mese o trimestre successivo, la sanzione è stata ridotta dell’80%, moratoria questa che, per i soggetti mensili, è stata estesa sino al 30 settembre.

Cosa cambia dal 1 ottobre 2019?

A partire dal 1° ottobre 2019, le sanzioni sono pienamente applicabili in tutti i casi di violazione degli obblighi di fatturazione elettronica e, in particolare, nel caso di sforamento del termine di 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione per le fatture immediate.
La norma, in questo caso, è l’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997 che al comma 1 prevede:
  • in caso di violazioni sugli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini IVA è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 90% e 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio;
  • alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta;
  • la sanzione è dovuta nella misura da 250 a 2.000 euro quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo.
Invece, al comma 2, per le operazioni non imponibili, esenti, non soggette a IVA o soggette ad inversione contabile si fissa una sanzione compresa tra il 5% ed il 10% dei corrispettivi non documentati o non registrati (se la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito si applica la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro).

E’ tuttavia possibile ravvedere spontaneamente le suddette sanzioni con le seguenti riduzioni:

  1. 1/9 del minimo se la regolarizzazione avviene entro novanta giorni dalla data dell’omissione o dell’errore;
  2. 1/8 del minimo se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione;
  3. 1/7 del minimo se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale e’ stata commessa la violazione;
  4. 1/6 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale e’ stata commessa la violazione.

Vale infine la pena di ricordare che le fatture differite devono essere trasmesse al SdI entro il giorno 15 del mese successivo a quello di riferimento.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 389 del 24 settembre 2019 ha chiarito che in presenza di fattura differita si potrà indicare come data fattura il giorno di fine mese (ad esempio 30 settembre, ancorché i DDT del mese di settembre siano riferiti a date precedenti a quella di fine mese).

Nota per i contribuenti trimestrali:

Possono beneficiare della riduzione dell’80% della sanzione anche le fatture emesse da tali soggetti e riferite ad operazioni effettuate dal 1° aprile 2019 sino al 30 giugno 2019, se sono trasmesse al SdI oltre il termine per la liquidazione IVA periodica del secondo trimestre (20 agosto 2019), ma entro quello per la liquidazione IVA periodica del terzo trimestre (18 novembre 2019).

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Cedolare secca e affitti brevi di immobili a uso abitativo



Con la risposta all’interpello 10.09.2019, n. 373 l’Agenzia delle Entrate chiarisce l’applicabilità del regime fiscale della cedolare secca del 21% (previsto dall’art. 4 D.L. 24.04.2017, n. 50, convertito, con modifiche dalla L. 21.06.2017, n. 96), in caso di attività di locazione di immobile uso abitativo posta in essere da un privato al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa tramite il portale online “AirBnB”. Ricordano i tecnici delle Entrate che si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, oppure tramite soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.
Inoltre, i funzionari sottolineano che, nella circolare 12.10.2017, n. 24/E, par. 1, è specificato che la disciplina delle locazioni brevi “si applica sia nel caso di contratti stipulati direttamente tra locatore (proprietario o titolare di altro diritto reale, sublocatore, comodatario) e conduttore, sia nel caso in cui in tali contratti intervengano soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online, che mettono in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”. La circolare, inoltre, precisa che la disciplina delle locazioni brevi introdotta dall’art. 4 D.L. 50/2017 non può trovare applicazione se “insieme alla messa a disposizione dell’abitazione sono forniti servizi aggiuntivi che non presentano una necessaria connessione con le finalità residenziali dell’immobile quali, ad esempio, la fornitura della colazione, la somministrazione di pasti, la messa a disposizione di auto a noleggio o di guide turistiche o di interpreti, essendo in tal caso richiesto un livello seppur minimo di organizzazione”.
Come specificato nello stesso art. 4, la norma si applica ai contratti di locazione “stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa”. Se in sede di accertamento dovesse emergere l’esistenza di un’attività commerciale, gli introiti dovranno essere dichiarati come redditi d’impresa.

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Principali ipotesi allo studio per lotta al contante.


Principali ipotesi allo studio per lotta al contante

  • Tra le ipotesi allo studio per contrastare i pagamenti in contanti, si ipotizza il ricorso agli strumenti elettronici come condizione per fruire delle attuali detrazioni Irpef sulle spese mediche, universitarie e tutte le altre. Emerge da fonti del Mef.
  • Lo sconto fiscale del 19% spetterebbe solo a chi usa una carta elettronica per pagare medico, palestra, spese funebri o quelle dell’università. Chi paga in contanti perderebbe il diritto alla detrazione.
  • Sul fronte esercenti, si ipotizzano incentivi e la riduzione delle commissioni (destinate a scendere a zero per importi fino a € 5).
  • Un’altra ipotesi riguarda la creazione di una card unica con i documenti identificativi del contribuente (codice fiscale e tessera sanitaria, forse anche carta di identità) che funga anche da carta prepagata con cui effettuare pagamenti e ricevere come incentivo la restituzione di una parte dell’Iva.
  • Queste misure potrebbero avere, almeno in fase di lancio, maggiori costi sia in termini di incentivi per gli esercenti, sia per la riduzione o l’azzeramento (per le transazioni di piccolo importo) delle commissioni.