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CORONAVIRUS: GESTIONE DELLE ASSENZE DAL LAVORO

La repentina diffusione del contagio del Coronavirus crea situazioni particolari anche nella gestione delle assenze dal lavoro dei lavoratori. La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, nell’approfondimento del 24 febbraio 2020, esamina le casistiche nella gestione dei rapporti di lavoro a seguito delle assenze dei lavoratori che possono verificarsi per quarantena, malattia o paura del contagio. I datori di lavoro, inoltre, possono decidere di chiudere le loro aziende volontariamente o a seguito di provvedimento emanati dalle autorità pubbliche.

In quali casi è previsto il diritto alla retribuzione? Si può ricorrere alla cassa integrazione?

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con l’approfondimento del 24 febbraio 2020, esamina le criticità che i datori di lavoro sono tenute ad affrontare nella gestione delle assenze dei lavoratori a seguito dell’emergenza epidemiologica legata alla diffusione nel nostro Paese del Coronavirus.
Assenze dal lavoro
Nel caso in cui i lavoratori non possano recarsi al lavoro a seguito di un’ordinanza della pubblica autorità, la fattispecie che si realizza è quella della sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, mantenendo intatto il diritto alla retribuzione.
Un’alternativa può essere rappresentata dal ricorso allo smart working, tramite la stipula di un accordo one-to-one fra azienda e lavoratore, e il deposito di una comunicazione obbligatoria sul portale istituzionale del Ministero del Lavoro.
Sospensione attività aziendale
In caso di dell’accesso in un determinato comune o area geografica o sospensione delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata è salvaguardato il diritto alla retribuzione, pur in assenza dello svolgimento della prestazione, rendendosi doveroso anche in questo caso il riconoscimento dell’accesso a trattamenti di cassa integrazione guadagni, come preannunciato dal Ministro del Lavoro.
Quarantena obbligatoria
I lavoratori posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus, sono obbligati ad assentarsi dal lavoro con modalità e secondo regole analoghe ai casi di ricovero per altre patologie o interventi. A parere dei Consulenti del lavoro, dunque, tale assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.
L’eventuale decisione presa dal singolo soggetto di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica, un comportamento di quarantena “volontaria”, fondata sui predetti presupposti (o anche in ragione del contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste), nei limiti dell’attesa della decisione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.
Altre assenze
Qualora l’assenza dal lavoro sia autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie previste, non costituisce causa legittima di rifiuto della prestazione. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire anche provvedimenti disciplinari irrogati dal datore di lavoro.

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Bonus IO Lavoro: come richiederlo

 

 

“IncentivO Lavoro” (IO Lavoro) è il nuovo incentivo istituito dall’ANPAL con il decreto n. 52 dell’11 febbraio 2020, la cui gestione è affidata all’INPS.

In sintesi

  Sede di lavoro   Italia
  Tetto annuo   8.060 euro
  Assunzione   Dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020
  Data ultima di fruizione   28 febbraio 2022
  Rapporti di lavoro esclusi   Domestico, occasionale, intermittente e a termine
  De minimis   Sì
  Oltre i limiti “de minimis”   Se l’assunzione comporta un incremento occupazionale netto

A chi spetta IO Lavoro

Il nuovo incentivo è destinato ai datori di lavoro privati (si presume anche non imprenditori) che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, assumono lavoratori disoccupati:
a) di età compresa tra i 16 anni e 24 anni,
b) con 25 anni di età e oltre, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi,
che non abbiano avuto un rapporto di lavoro negli ultimi 6 mesi con il medesimo datore di lavoro.
Il requisito di disoccupazione non è richiesto solo nell’ipotesi in cui il datore di lavori trasformi un rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato.

Stato di disoccupazione

Sono da considerare “in stato di disoccupazione”, i soggetti che presentano (on line) la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, ossia la dichiarazione che determina formalmente l’inizio dello stato di disoccupazione di una persona (DID) e che alternativamente soddisfano uno dei seguenti requisiti:
– non svolgono attività lavorativa sia di tipo subordinato che autonomo;
– sono lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR -D.P.R. n. 917/1986). Nel caso del lavoro dipendente, tale reddito è quantificabile in 8.145 annui euro; in caso di attività di lavoro autonomo, il limite è quantificabile in 4.800 euro annui con eccezione per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali il limite ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione è equiparato a 8.145 annui euro previsti per il lavoro dipendente. Pertanto, i lavoratori che, nello svolgimento dell’attività lavorativa, superino tali limiti di reddito nell’anno, perdono lo stato di disoccupazione.

Ambito territoriale di ammissibilità

IO Lavoro spetta se la sede di lavoro, per la quale viene effettuata l’assunzione, sia ubicata nelle seguenti regioni
– Regioni “meno sviluppate” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia),
– nelle Regioni “più sviluppate” (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Toscana, Umbria, Marche e Lazio)
– nelle Regioni “in transizione” (Abruzzo, Molise e Sardegna),
indipendentemente dalla residenza del lavoratore e nei limiti delle risorse stanziate (complessivi 329.400.000,00 euro di cui 234.000.000,00 euro a favore delle di regioni “meno sviluppate”, 12.400.000,00 euro per le regioni “più sviluppate” e 83.000.000,00 euro per le regioni “meno sviluppate” e “in transizione”).
In caso di modifica della sede operativa del lavoratore la spettanza dell’incentivo è subordinata alla verifica della disponibilità finanziaria accantonata per la categoria di regione di destinazione.

Tipologie contrattuali incentivate

Il bonus contributivo è riconosciuto esclusivamente in caso di:
· assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato anche a tempo parziale e a scopo di somministrazione;
· assunzione con contratto di apprendistato professionalizzante.
di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a tempo determinato
L’incentivo è riconosciuto anche in caso di assunzione del socio lavoratore di cooperativa con contratto di lavoro subordinato mentre è escluso di assunzioni con contratto di lavoro domestico, occasionale o intermittente.

Quanto spetta al datore di lavoro

IO Lavoro consiste nell’esonero dal versamento della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione di premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, per lavoratore assunto, riparametrato e applicato su base mensile. In caso di lavoro a tempo parziale il massimale è proporzionalmente ridotto.

Data ultima di fruizione

Il bonus deve essere fruito, a pena di decadenza, entro il termine del 28 febbraio 2022.

Compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato

Si può fruire di IO Lavoro alternativamente:
a) nel rispetto della normativa europea sugli aiuti “de minimis” (in caso di accertato superamento di tali limiti, l’INPS provvede a revocare l’incentivo applicando le sanzioni civili di legge);
b) oltre i limiti “de minimis” qualora l’assunzione comporti un incremento occupazionale netto, da intendersi quale aumento netto del numero di dipendenti di un datore di lavoro rispetto alla media dei dodici mesi precedenti l’assunzione, da mantenersi per tutto il periodo di assunzione agevolata.
N.B. Il requisito dell’incremento occupazionale netto non è richiesto per i casi in cui il posto o i posti occupati sono resi vacanti in seguito a dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti d’età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro o licenziamento per giusta causa e non in seguito a licenziamenti per riduzione del personale.

Cumulabilità con altri incentivi

L’incentivo è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di beneficiari di reddito di cittadinanza (art. 8 del D. L. n. 4/19, convertito con modificazione dalla legge n. 26/2019).
L’incentivo è inoltre cumulabile con altri incentivi di natura economica introdotti e attuati dalle Regioni in favore dei datori di lavoro che abbiano sede nel territorio di tali Regioni, nei limiti massimi di intensità di aiuto previsti dai regolamenti europei in materia di aiuti di Stato.
Con riferimento alla cumulabilità dell’incentivo con lo sgravio all’occupazione giovanile, come evidenziato anche dalla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro nell’approfondimento del 17 febbraio, il decreto “non ha inserito il riferimento normativo aggiornato al bonus triennale da cumulare, prevedendo la cumulabilità del bonus IO Lavoro con altre due forme di incentivi”. Ma, sottolinea sempre la Fondazione Studi, “la conferma, peraltro, della cumulabilità tra l’IO e lo sgravio strutturale di cui all’art. 1, comma 100 e ss., della legge di Bilancio 2018, si è avuta al tavolo tecnico tra Inps e Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro il 22 gennaio scorso, dove è stato precisato che la decorrenza del cumulo fra le due misure è partita dal 2019”.

Come chiederlo

La procedura si avvia con la presentazione, da parte del datore di lavoro, di una istanza preliminare di ammissione all’INPS esclusivamente con modulo telematico nel quale devono essere indicati i dati relativi all’assunzione effettuata o che intendono effettuare.
A seguire l’INPS:
a) determina l’importo dell’incentivo spettante in relazione alla durata e alla retribuzione del contratto sottoscritto;
b) verifica, mediante apposito modulo telematico, i requisiti di ammissione all’incentivo;
c) accerta la disponibilità residua delle risorse;
d) comunica, in caso di esito positivo delle precedenti verifiche, l’avvenuta prenotazione dell’importo dell’incentivo in favore del datore di lavoro.
A pena di decadenza, entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione di prenotazione da parte dell’INPS, il datore di lavoro deve, ove non abbia già provveduto, effettuare l’assunzione e confermare la prenotazione effettuata in suo favore. A seguito dell’autorizzazione, l’erogazione del beneficio avviene mediante conguaglio sulle denunce contributive.
All’INPS è rimandato il compito di illustrare con apposita circolare le modalità specifiche di richiesta dell’incentivo.

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Contanti, segnalati 27.000 rapporti sospetti

Soglia di € 10.000 mensili: le comunicazioni Bankitalia relative ai primi 8 mesi riguardano 33,5 milioni di operazioni e coinvolgono oltre 3 milioni di soggetti.

  • Le comunicazioni per operazioni sospette in contanti relative ai primi 8 mesi rilevati (aprile-novembre 2019) riguardano 33,5 milioni di operazioni (in media 4,2 milioni di operazioni mensili), di cui 2,6 milioni di operazioni riferite a prelievi e 30,9 milioni a versamenti; sono coinvolti oltre 3 milioni di soggetti. Lo comunica la Uif (Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia.
  • Limiti – Dal 1.09.2019 settembre ha preso avvio la procedura di trasmissione delle cosiddette comunicazioni oggettive, che riportano le operazioni in contanti di importo pari o superiore a € 10.000 complessivi mensili, realizzate anche con singole transazioni pari o superiori a € 1.000.
  • Importi – L’importo complessivo delle comunicazioni oggettive ricevute dalla UIF sfiora € 178 miliardi (€ 10 miliardi i prelievi e € 168 miliardi i versamenti). Il valore mediano si attesta su € 2.000 per i prelievi e € 3.180 per i versamenti. In quasi il 90% dei casi sono state segnalate singole operazioni sotto € 10.000. L’86% dei prelievi e il 98% dei versamenti di contante hanno riguardato movimentazioni di conti.
  • Operazioni sospette – Nel complesso circa 27.000 rapporti censiti nelle comunicazioni oggettive pervenute negli 8 mesi considerati trovano evidenza anche in segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute nell’ultimo triennio.
  • Qui il link per il report Uif.
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CERTIFICAZIONE UNICA 2020 – Circolare per la clientela n.07/2020

La presente Circolare analizza la disciplina relativa alla “Certificazione Unica 2020”, che il sostituto d’imposta deve:
– trasmettere in via telematica all’Agenzia delle Entrate, entro il 9.3.2020 o il 2.11.2020 (termine di presentazione del modello 770/2020) se non contiene dati da utilizzare per la precompilazione delle dichiarazioni;
– utilizzare per consegnare la certificazione al soggetto percettore del reddito, entro il 31.3.2020.
In particolare, vengono analizzati gli aspetti riguardanti:
– l’ambito applicativo della “Certificazione Unica 2020”;
– le novità della “Certificazione Unica 2020”;
– la trasmissione telematica della “Certificazione Unica 2020” all’Agenzia delle Entrate, mediante il modello “ordinario”, in funzione sostitutiva della dichiarazione dei sostituti d’imposta;
– la consegna della “Certificazione Unica 2020” al contribuente-sostituito, mediante il modello “sintetico”;
– il regime sanzionatorio.

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BONUS FACCIATE 2020

Pubblicate le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate (circolare 14.02.2010, n. 2/E) per usufruire del cosiddetto “bonus facciate”, la detrazione fiscale del 90% delle spese sostenute per gli interventi di recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, prevista dalla Legge di Bilancio 2020. La circolare fornisce i primi chiarimenti sugli adempimenti da seguire, sugli interventi agevolabili e sui soggetti che possono accedere al beneficio. Pronta anche una guida che fornisce tutte le informazioni necessarie per permettere ai contribuenti di fruire della detrazione d’imposta dedicata al restauro delle facciate degli edifici. Di seguito gli aspetti principali.

Scarica la guida dell’agenzia delle entrate

• Ai fini del riconoscimento del bonus, gli interventi devono essere finalizzati al “recupero o restauro” della facciata esterna e devono essere realizzati esclusivamente sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. L’agevolazione, pertanto, riguarda gli interventi effettuati sull’involucro esterno visibile dell’edificio, vale a dire sia sulla parte anteriore, frontale e principale dell’edificio, sia sugli altri lati dello stabile (intero perimetro esterno). Tra i lavori agevolabili rientrano quelli per il rinnovo e consolidamento della facciata esterna dell’edificio, inclusa la mera tinteggiatura o pulitura della superficie, per i balconi o per eventuali fregi esterni, per i lavori sulle grondaie, sui pluviali, sui parapetti, sui cornicioni e su tutte le parti impiantistiche coinvolte in quanto compresi nella facciata dell’edificio.

• Beneficiano della detrazione anche le spese correlate agli interventi e alla loro realizzazione, ad esempio perizie, sopralluoghi, progettazione dei lavori, installazioni di ponteggi, ecc. Anche gli interventi influenti dal punto di vista termico o che interessino oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio rientrano nel campo del bonus facciate. Tali lavori devono soddisfare i requisiti indicati nel decreto Mise 26.06.2015 (decreto “requisiti minimi”) e i valori limite della trasmittanza termica delle strutture componenti l’involucro edilizio. Ai fini della detrazione, i soggetti beneficiari devono possedere o detenere l’immobile oggetto dell’intervento in qualità di proprietario, nudo proprietario o di titolare di altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) oppure detenere l’immobile in base a un contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato, regolarmente registrato, ed essere in possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario.

• Per il calcolo della detrazione, per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e per gli enti non commerciali, si deve fare riferimento al criterio di cassa, ovvero, alla data dell’effettivo pagamento, indipendentemente dalla data di avvio degli interventi. Ad esempio, un intervento ammissibile iniziato a luglio 2019, ma con pagamenti effettuati sia nel 2019 sia nel 2020, consentirà sì la fruizione del “bonus facciate”, ma solo con riferimento alle spese sostenute nel 2020.

• Per le imprese individuali, le società e gli enti commerciali, invece, assume rilievo il criterio di competenza e, quindi, le spese da imputare al periodo di imposta in corso al 31.12.2020, indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui le spese si riferiscono e dalla data dei pagamenti. Per godere dell’agevolazione, i contribuenti non titolari di reddito d’impresa, devono effettuare il pagamento delle spese tramite bonifico bancario o postale dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione ed il numero di partita Iva/codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato. Inoltre, è necessario indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione. Solo per le persone fisiche tutti i pagamenti saranno soggetti alla ritenuta d’acconto dell’8%. Considerando che la modulistica delle banche e delle poste, attualmente, non è stata adeguata con la nuova causale, l’Agenzia ha chiarito che è possibile utilizzare i bonifici proposti dagli istituti di pagamento per l’ecobonus o il bonus casa.

• Tutte le imprese e le società, invece, individuano il periodo dell’investimento con il principio di competenza e non sono obbligate, quindi, a effettuare il pagamento con bonifico “parlante”.

• La circolare precisa che il principio di competenza si applica a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tale regola per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito. Solo per il bonus facciate, pertanto, è stata modificata la regola che, per individuare il momento di sostenimento della spesa, dà rilevanza alla data del pagamento per le persone fisiche, i professionisti e le imprese in contabilità semplificata, per cassa o con il metodo della registrazione; mentre dà rilevanza all’ultimazione dei lavori (principio di competenza) solo per le imprese in contabilità ordinaria.

• Possono essere utilizzati i bonifici predisposti da banche e Poste spa per il pagamento delle spese ai fini dell’Ecobonus o della detrazione per interventi di ristrutturazione edilizia. Per gli interventi che influiscono dal punto di vista termico o che interessano oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edifici, si applicano anche le stesse procedure e gli stessi adempimenti previsti per l’Ecobonus dal decreto 19.02.2007 e che entro 90 giorni dalla fine dei lavori deve essere inviata all’Enea, esclusivamente in via telematica, la scheda descrittiva relativa agli interventi realizzati. È obbligatorio, infine, conservare ed esibire, se richiesta dagli uffici, tutta la documentazione indicata nella circolare di oggi, tra cui i documenti comprovanti le spese effettivamente sostenute per la realizzazione degli interventi, la copia della delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori, ecc. In altri termini, occorre la comunicazione all’Enea nella sua forma più complessa ma anche una serie di requisiti legati ai lavori di risparmio energetico. Il contribuente, anche se impresa, società o professionista, che nel 2020 effettua sulle facciate esterne di edifici di qualsiasi categoria catastale (non necessariamente abitazioni) interventi influenti dal punto di vista termico o su più del 10% dell’intonaco, può beneficiare della nuova detrazione Irpef o Ires del 90% (al posto del 65% dell’ecobonus), ma solo se effettua tutti gli adempimenti previsti per l’ecobonus. Quali, appunto, l’acquisizione dell’asseverazione del tecnico abilitato e dell’Ape, oltre che l’invio all’Enea, entro 90 giorni dalla fine dei lavori, della scheda descrittiva degli interventi realizzati.

• La detrazione del bonus facciate interessa gli edifici esistenti di “qualsiasi categoria catastale”, quindi, non necessariamente abitazioni. Non spetta per gli interventi effettuati durante la fase di costruzione dell’immobile e non spetta neanche nel caso in cui vi sia la demolizione del fabbricato, seguita dalla sua ricostruzione “con la stessa volumetria dell’edificio preesistente, nonostante questa tipologia di intervento dal 21.08.2013 sia inquadrabile nella categoria della ristrutturazione edilizia

• La circolare ha chiarito anche che tra gli edifici su cui le imprese possono beneficiare del bonus facciate sono compresi anche gli edifici strumentali, senza specificare se solo per destinazione o anche per natura. I primi sono quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore, indipendentemente dalla classificazione catastale, mentre i secondi sono quelli tra le categorie catastali dei gruppi B, C, D ed E e la categoria A/10 (risoluzione Catasto 3.02.1989, n. 3/330). Si ritiene superata, per il bonus facciate, quindi, la limitazione imposta dell’agenzia per gli interventi agevolati sul risparmio energetico “qualificato2, effettuati dalle imprese sui fabbricati locati o dati in comodato a terzi (risoluzioni 303/E/2008 e 340/E/2008, risposta 313/2019 e quella del 31.05.2019, n. 8 alle domande di Dichiarazioni24 de Il Sole 24Ore). Questa posizione restrittiva delle Entrate, peraltro, è in contrasto con numerose sentenze a favore dei contribuenti emanate dal 2013 in poi.

• La circolare 2/E/2020 non ha fornito chiarimenti sulle altre tipologie di edifici posseduti dalle imprese, come gli immobili-merce (cioè quelli registrati a magazzino) e le “abitazioni patrimonio”, cioè non strumentali né per natura né per destinazione (non utilizzati dall’impresa).

• Resta irrisolto uno dei nodi principali: quello sull’ubicazione (solo le zone A e B del territorio comunale) dell’edificio su cui effettuare l’intervento in facciata. La norma, infatti, è nata al Mibac con l’esplicito intento di migliorare i centri storici cittadini; tuttavia, al di là delle problematiche fiscali che la stesura finale della norma, nella legge di Bilancio 2020, ha suscitato, in gran parte risolte dall’intervento dell’Agenzia delle Entrate, colpisce la scarsa dimestichezza con la legislazione urbanistica di chi ha materialmente immaginato il limite principale, ossia il limite delle zone. La disposizione, infatti, autorizza il beneficio della detrazione solo se l’edificio si trova nella zona A o B del Comune. L’individuazione di queste zone è affidata alla definizione contenuta nel D.M. n. 1444/1968, prima ancora che fossero create le Regioni con la relativa competenza in materia edilizia e che centinaia di norme si sovrapponessero a delineare un quadro, nell’ambito dell’autonomia municipale, sul quale solo gli uffici tecnici comunali sono in grado di pronunciarsi correttamente.

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Bonus bebè: come richiederlo nel 2020 anche senza ISEE

L’INPS ha pubblicato la circolare n. 26 del 2020 che fornisce chiarimenti in merito la bonus bebè per l’anno 2020. Il beneficio è stato esteso ad ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, prevedendo una modulazione dell’importo spettante per fascia ISEE e una maggiorazione del 20% in caso di figlio successivo al primo. Nel documento di prassi, l’Istituto specifica la corretta gestione delle pratiche in caso di ISEE non rinnovato o con difformità e per la fattispecie di adozioni plurime o nascite gemellari.

Nella circolare n. 26 del 2020, l’INPS illustra le modalità di richiesta del bonus natalità (bonus bebè), previsto anche per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, fino al compimento del primo anno di età o del primo anno di ingresso in famiglia a seguito dell’adozione del bambino in favore dei nuclei familiari con ISEE superiori alla soglia di 40.000 euro o in assenza di ISEE.

Requisiti del soggetto richiedente

La corresponsione dell’assegno su domanda presentata da uno dei genitori entro 90 giorni dalla nascita oppure dalla data di ingresso del minore nel nucleo familiare a seguito dell’adozione o dell’affidamento preadottivo avvenuti tra il 1° gennaio 2020 ed il 31 dicembre 2020. In tale caso la prestazione, in presenza di tutti i requisiti, è riconosciuta a decorrere dal giorno di nascita o di ingresso nel nucleo familiare del minorenne. Se la domanda è presentata oltre i termini di 90 giorni, l’assegno decorre dal mese di presentazione della domanda.

Maggiorazione per figlio successivo al primo

A partire dallo scorso anno è previsto il riconoscimento di una maggiorazione del 20% dell’importo dell’assegno in caso di figlio successivo al primo, nato o adottato tra il 1° gennaio 2020 ed il 31 dicembre 2020.

Valori ISEE di riferimento

L’INPS riepiloga i valori ISEE di riferimento:
– ISEE minorenni non superiore a 7.000 euro annui l’assegno di natalità è pari a 1.920 euro annui o 2.304 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, a 160 euro al mese (primo figlio) o 192 euro al mese (figlio successivo al primo);
– ISEE minorenni superiore a 7.000 euro annui, ma non superiore a 40.000 euro, l’assegno di natalità è pari a 1.440 euro annui o 1.728 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, 120 euro al mese (primo figlio) o 144 euro al mese (figlio successivo al primo);
– ISEE minorenni superiore a 40.000 euro l’assegno di natalità è pari a 960 euro annui o 1.152 euro annui in caso di figlio successivo al primo; ossia, rispettivamente, 80 euro al mese (primo figlio) o 96 euro al mese (figlio successivo al primo).
In ogni caso, la durata massima di erogazione dell’assegno è stabilita in 12 mensilità.
Per gli eventi avvenuti nel 2020, pertanto, la misura della prestazione effettivamente spettante al nucleo familiare sarà calcolata in funzione del valore dell’ISEE in corso di validità al momento della domanda e potrà spettare, nei limiti di un importo minimo pari a 960 euro annui, anche per importi di ISEE superiore alla soglia massima o in assenza di ISEE.

Domande presentate in assenza di ISEE

Per gli eventi (nascite o adozioni/affidamenti preadottivi) del 2020, in assenza di ISEE in corso di validità al momento della presentazione della domanda (ad esempio, DSU non presentata, ISEE scaduto, DSU senza bambino per il quale l’assegno è richiesto, ecc.), l’assegno di natalità verrà ugualmente corrisposto ma nella misura minima di 80 euro al mese o di 96 euro al mese in caso di figlio successivo al primo. L’Istituto invierà una comunicazione al richiedente contenente l’avvertenza che, in assenza di un ISEE valido, l’Istituto può riconoscere solo l’importo minimo dell’assegno.

ISEE con omissioni o difformità

Nel caso in cui l’attestazione ISEE sia rilasciata con omissioni e/o difformità, il richiedente la prestazione può regolarizzare la situazione:
1) presentando idonea documentazione per dimostrare la completezza e veridicità dell’ISEE;
2) presentando una nuova DSU, comprensiva delle informazioni in precedenza omesse o diversamente esposte;
3) rettificando la DSU, con effetto retroattivo (qualora sia stata presentata tramite CAF e quest’ultimo abbia commesso un errore materiale). In tal caso, all’atto della rettifica il CAF dovrà inserire nel campo “data di presentazione” la data di iniziale presentazione della DSU che si intende rettificare. Giova precisare che tale operazione non è possibile qualora la DSU sia stata presentata con il PIN del cittadino.

Adozioni plurime e parti gemellari

La domanda di assegno deve essere inoltrata esclusivamente in via telematica e, di norma, una sola volta per ciascun figlio nato, adottato o in affidamento preadottivo.
Il modulo “SR163” può essere trasmesso, corredato da copia di un documento di identità in corso di validità, con una delle seguenti modalità:
– allegato in procedura mediante l’apposita funzione “gestione allegati”;
– trasmesso da una casella di posta elettronica certificata (PEC) alla casella PEC della Struttura INPS territorialmente competente;
– trasmesso da una casella di posta elettronica ordinaria alla casella istituzionale della Struttura INPS territorialmente competente;
– consegnato a mano o spedito in originale alla Struttura INPS territorialmente competente.

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BREXIT: USCITA DEL REGNO UNITO DALL’UNIONE EUROPEA – Circolare per la clientela n.06/2020

La presente Circolare analizza i principali effetti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (c.d. “Brexit”), avvenuta il 31.1.2020, distinguendo tra:
– il regime transitorio previsto dall’1.2.2020 al 31.12.2020;
– il periodo successivo al 31.12.2020, salvo diversi e nuovi accordi che dovessero intervenire tra l’Unione europea e il Regno Unito.
In particolare, vengono analizzati i principali effetto nell’ambito:
– dell’IVA e dei tributi doganali;
– delle imposte sui redditi;
– della libertà di stabilimento e dei servizi finanziari;
– della circolazione dei lavoratori e della sicurezza sociale.

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Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA)

La RITA è una prestazione previdenziale (strutturale) dalle grandi potenzialità. Ai lavoratori (inclusi i dipendenti pubblici) che abbiano aderito a una forma di previdenza complementare a contribuzione definita consente di ricevere una rendita frazionata della posizione individuale fino al conseguimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. E con un regime fiscale di particolare favore. Al datore di lavoro offre un duplice vantaggio: può essere utilizzato nell’ambito dei processi di turnover aziendale o per gestire eventuali esuberi e consente di ridurre la tassazione sul reddito d’impresa.

Quali sono i requisiti per richiederla?

Sono legittimati a richiedere la RITA i lavoratori che abbiano cessato l’attività lavorativa e a cui manchino non più di 5 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia purché siano in possesso di un requisito contributivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza e i lavoratori disoccupati da più di 24 mesi cui manchino non più di 10 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza. Per entrambe le casistiche è necessario avere il requisito di 5 anni di partecipazione alla previdenza complementare.

Quale è il meccanismo di funzionamento?

Si tratta di un riscatto frazionato, per il periodo individuato (massimo 5 o 10 anni a seconda della fattispecie), del montante accumulato. La prestazione viene percepita dal momento dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. Va ancora ricordato come si prevede la gestione attiva da parte del fondo pensione (salvo diversa volontà dell’iscritto va nel comparto più prudente) della posizione individuale accumulata anche nel corso di erogazione della prestazione, così da poter beneficiare anche dei relativi rendimenti.

Agevolazioni fiscali

Di particolare favore è poi il regime fiscale della RITA per cui si prevede un significativo profilo agevolativo. Per quel che riguarda l’aliquota, infatti, la RITA subirà un prelievo fiscale consistente in una ritenuta a titolo d’imposta (senza ulteriore applicazione di addizionali reginali o comunali) con l’aliquota del 15 per cento, con una riduzione dello 0,3 per cento per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6 per cento.
Vi è in ogni modo la possibilità per l’assicurato che richieda la RITA di optare per l’applicazione integrale della tassazione ordinaria attraverso la propria dichiarazione dei redditi.

Vantaggi per l’azienda

Ponendosi sul versante datoriale è opportuno ricordare, così come sottolinea il Mefop in un interessante approfondimento, come il D.Lgs. 252/05 riconosce alcune significative misure compensative in proporzione al flusso di TFR che non resta nelle disponibilità del datore di lavoro.
Il riferimento particolare è:
– alla deducibilità dal reddito di impresa di una parte del TFR che non resta in azienda,
– alla eliminazione del contributo al Fondo di garanzia del TFR presso INPS,
– alla riduzione dei c.d. oneri impropri.

Deducibilità dal reddito di impresa

Partendo dal primo profilo va evidenziato come sul TFR che esce dall’azienda il datore gode di una maggiore deducibilità fiscale. È infatti possibile dedurre dal reddito di impresa il 4% del Tfr per le imprese con almeno 50 addetti. Se l’azienda ha meno di 50 addetti la deducibilità sale al 6%, ma solo sul Tfr versato nel fondo pensione (non essendo l’azienda interessata dal fondo tesoreria). La misura non porta benefici se l’azienda non produce utili ai fini fiscali.

Contributo al Fondo di garanzia

L’azienda è poi esentata dal versamento del contributo al fondo di garanzia del TFR presso l’INPS.
Il risparmio per il datore è pari allo 0,20% del monte retributivo (in proporzione al Tfr versato al fondo pensione o al fondo Tesoreria).
Qualora l’impresa sia in utile, una parte del beneficio, incrementando gli utili, è ridotto dall’imposizione sul reddito d’impresa, prosegue il Mefop.

Riduzione dei cosiddetti oneri impropri

Infine, l’azienda ha una riduzione dei cosiddetti oneri impropri, ossia costi sul lavoro relativi a contributi al fondo per la disoccupazione o per la maternità e simili. Tale misura è entrata a regime nel 2014 con un impatto dello 0,28% sul monte retributivo (in proporzione al TFR versato al fondo pensione o al fondo Tesoreria). Inoltre, il datore di lavoro che viene privato del TFR non è più tenuto a riconoscerne la rivalutazione (1,5% + 75% dell’inflazione) e a pagare la relativa imposta sostitutiva.

 

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Accesso domiciliare ai fini fiscali

L’inutilizzabilità dei dati acquisiti in “luoghi adibiti ad abitazione” o “di pertinenza di terzi” rispetto al contribuente verificato, trova una deroga per le prove solo occasionalmente reperite in tale sede.

In una quanto mai singolare pronuncia, i Giudici di Piazza Cavour (Cass. Civ. Sez. V, ordinanza 15.01.2020, n. 612) sanciscono che l’inutilizzabilità di prove acquisite mediante accesso domiciliare considerato illegittimo, in quanto operato presso locali adibiti anche ad abitazione e di pertinenza di soggetti terzi rispetto al diretto interessato all’ispezione, si riferisce soltanto a quelle prove per le quali l’accesso risulta preordinato, di cui si ritiene costituisca condizione necessaria, facendo salve quelle informazioni e quei riscontri probatori che trovano nell’accesso una mera occasione. Diretta conseguenza di tale asserzione è la piena legittimazione della raccolta e acquisizione di dichiarazioni di soggetti terzi, ancorché ciò si verifichi nel contesto di un accesso non autorizzato.
Nella pronuncia in commento la Cassazione, oltre a valorizzare l’accessorietà della acquisizione probatoria, rimarca ulteriormente la rilevanza della buona fede degli organi ispettivi che si siano trovati ad accedere in locali, rispetto ai quali difetti la prevista autorizzazione del magistrato competente: conclusione che non esitiamo a definire inaccettabile. L’accesso condizionato, tuttavia, viene proprio imposto ex lege, in ottemperanza di quella tutela costituzionale vigente ai sensi dell’art. 14 della Cost. che, com’è noto, sancisce l’inviolabilità del domicilio. Nella perfetta osservanza del dettato costituzionale, dovrebbe (per meglio dire, deve) essere negata la legittimità di ispezioni, perquisizioni e sequestri, eccezion fatta per le casistiche espressamente sancite dalla legge e soprattutto, secondo le garanzie prescritte per la tutela della liberta personale.
Nonostante l’autorevolezza della Suprema Corte, non ci si può esimere dall’esternare una palese “non condivisione” delle conclusioni raggiunte. In particolare, si rileverebbe una palese utilizzabilità di materiale probatorio acquisito evidentemente contra legem: violazione che si ritiene primaria rispetto all’accessorietà della sua acquisizione (tra l’altro neanche adeguatamente argomentata) e alla buona fede degli organi ispettivi che hanno comunque travalicato i limiti spaziali imposti ex lege. Lo hanno fatto in buona fede? Sicuramente si, ma si tratta comunque di un contegno contra legem.
Nel sistema che presiede all’accertamento dei tributi non trova espressa cittadinanza una sanzione di inutilizzabilità delle prove illecitamente acquisite, ove per prove illecite siano da intendere quelle prove formate, acquisite o assunte attraverso atti illegittimi o illeciti o comunque attraverso strumenti che determinano una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo ed in ciò garantiti da norme costituzionali; tuttavia, si ritiene possa trovare applicazione la regolamentazione tipica della c.d. invalidità derivata, mutuabile dal procedimento amministrativo, secondo cui l’inutilizzabilità non abbisognerebbe di un’espressa disposizione sanzionatoria, derivando già da una regola generale di sistema, secondo cui l’assenza di un presupposto nel procedimento amministrativo infirma tutti gli atti nei quali tale procedimento si articola.
Non sussistendo, nel caso in commento, ipotesi di deroga ai principi testé espressi, non può che ribadirsi la conferma di non condivisibilità della statuizione della V^ Sezione, a meno che non si voglia negare valore alla barriera terminologica imposta dal citato art. 14 della Costituzione.

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NUOVA DISCIPLINA VERSAMENTO RITENUTE (chiarimenti ade) – Circolare per la clientela n.05/2020

La presente Circolare riepiloga la nuova disciplina relativa al versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e dei contributi dei lavoratori impiegati nell’ambito dei contratti di appalto o di prestazione di opere e servizi, di cui all’art. 17-bis del DLgs. 241/97 introdotto dall’art. 4 del DL 124/2019 (conv. L. 157/2019), alla luce dei chiarimenti forniti dalla circ. Agenzia delle Entrate 12.2.2020 n. 1.
In particolare, vengono analizzati gli aspetti riguardanti:
– la decorrenza della nuova disciplina;
– i soggetti committenti;
– i soggetti affidatari dell’opera o del servizio;
– i presupposti oggettivi di applicazione della nuova disciplina;
– gli obblighi dell’impresa appaltatrice o affidataria e subappaltatrice;
– le modalità di versamento delle ritenute fiscali;
– gli obblighi del committente e le relative sanzioni;
– i requisiti di affidabilità per la disapplicazione della nuova disciplina;
– il rilascio da parte dell’Agenzia delle Entrate del certificato attestante i requisiti per la disapplicazione della nuova disciplina;
– il divieto di compensazione delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori.

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