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Circolare per la clientela n.45/2020 – NOVITA’ DEL DECRETO AGOSTO

La presente Circolare analizza le principali novità contenute nel DL 14.8.2020 n. 104 (c.d. “decreto Agosto”), a seguito dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus.
In particolare, vengono analizzati:
– la facoltà di ulteriore rateizzazione dei versamenti fiscali e contributivi che erano stati sospesi;
– l’ulteriore sospensione dei termini di riscossione;
– la proroga del secondo acconto IRPEF/IRES e IRAP;
– il contributo a fondo perduto per la filiera della ristorazione e per gli esercenti attività economiche e commerciali nei centri storici turistici;
– le modifiche al credito d’imposta sui canoni di locazione di immobili non abitativi;
– il credito d’imposta per la ristrutturazione degli alberghi;
– il credito d’imposta per le sponsorizzazioni di leghe, società e associazioni sportive;
– la nuova rivalutazione dei beni d’impresa;
– l’abolizione della seconda rata IMU del 2020 per gli immobili del settore turistico;
– la proroga della moratoria dei pagamenti delle PMI;
– le nuove indennità per autonomi e dipendenti;
– le nuove misure in materia di integrazioni salariali;
– le agevolazioni contributive per nuove assunzioni o le Regioni svantaggiate;
– la proroga del divieto di licenziamento.

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Dal 18 maggio riapertura di tutte le attività economiche e libertà di spostamento nella regione

Il Governo, attraverso un decreto legge approvato il 15 maggio definisce le linee guida, valide dal 18 maggio, per la riapertura generalizzata di tutte le attività economiche e del libero spostamento delle persone. Queste ultime, però, non potranno recarsi in altre regioni: tale possibilità, salvo eventuali nuove restrizioni, dovrebbe verificarsi a partire dal 3 giugno. Quanto alle attività economiche, è possibile riaprire, purché si rispettino i protocolli e le linee guida che, però, potranno essere ridefinite, senza eccessivi stravolgimenti, dalle regioni.

Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 46

Regole per la riapertura delle attività economiche e produttive

Il decreto stabilisce che le attività economiche e produttive sono consentite a condizione che rispettino i contenuti di protocolli o linee guida, idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di esercizio o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.
Check-List REGIONE LAZIOMisure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro.

Documentazione REGIONE LAZIO (normativa, ordinanze, indicazioni operative dell’Ufficio Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro) per la gestione della situazione emergenziale COVID 19.

In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale.
A tale ultimo proposito, il riferimento è ai protocolli allegati al D.P.C.M. 26 aprile 2020 oltre che alle linee guida emanate dall’Inail già disponibili per alcune categorie e precisamente:

Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Regole per gli spostamenti

L’altra grande novità è l’abolizione delle autocertificazioni per gli spostamenti e, con esse, i limiti ancora in vigore.
A dire il vero, non si tratta di una libertà assoluta di spostamento in quanto, dal 18 maggio sono permessi, senza alcuna limitazione, solo gli spostamenti all’interno del territorio regionale (possibile anche lo spostamento dalla Città del Vaticano o da San Marino nelle regioni confinanti), fatte salve le misure di contenimento più restrittive adottate relativamente a specifiche aree del territorio regionale, soggette a particolare aggravamento della situazione epidemiologica.
Gli spostamenti e i trasferimenti con mezzi di trasporto pubblici e privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente ci si trova, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute sono vietati fino al 2 giugno anche se resta valida l’attuale regola secondo cui si può rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Pertanto, dal 3 giugno ci si potrà liberamente spostare anche da una regione all’altra (non solo, ma anche da e per l’estero) salvo che, per alcune aree geografiche, non subentrino situazioni epidemiologiche che determinano l’emanazione di provvedimenti restrittivi.
Resta inteso che permane:
– il divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena per provvedimento dell’autorità sanitaria in quanto risultati positivi al virus, fino all’accertamento della guarigione o al ricovero in una struttura sanitaria;
– il potere, in capo ai sindaci, di disporre la chiusura temporanea di specifiche aree pubbliche o aperte al pubblico in cui sia impossibile garantire adeguatamente il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro;
– il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Sanzioni e controlli

In caso di violazione delle nuove disposizioni, salvo che non ricorra anche un reato (fattispecie che ricorre in ogni caso per la violazione degli obblighi di quarantena), si applicano le attuali sanzioni amministrative (da 400 a 3.000 euro) aumentate fino a un terzo se la violazione avviene mediante l’utilizzo di un veicolo.
Nei casi in cui la violazione sia commessa nell’esercizio di un’attività di impresa, si applica anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni.
Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto, mentre quelle per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte.
Inoltre:
– all’atto dell’accertamento delle violazioni, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità procedente può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni;
– il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione;
– in caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.

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Bando IMPRESA SICURA per il rimborso delle spese di acquisto di DPI

Invitalia ha pubblicato il bando “Impresa Sicura” per il riconoscimento alle imprese del rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

I beneficiari del rimborso sono dunque tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato, che, alla data di presentazione della domanda, sono in possesso dei seguenti requisiti: essere regolarmente costituite e iscritte come “attive” nel Registro delle imprese; avere la sede principale o secondaria sul territorio nazionale; essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria.

Sono ammissibili al rimborso solamente le spese sostenute per l’acquisto di dispositivi le cui caratteristiche tecniche rispettano tutti i requisiti di sicurezza previsti dalla vigente normativa.
Pertanto sono ammissibili: mascherine filtranti, chirurgiche, FFP1, FFP2 e FFP3; guanti in lattice, in vinile e in nitrile; dispositivi per protezione oculare; indumenti di protezione, quali tute e/o camici; calzari e/o sovrascarpe; cuffie e/o copricapi; dispositivi per la rilevazione della temperatura corporea; detergenti e soluzioni disinfettanti/antisettici.

La misura del rimborso è pari al 100% delle spese ammissibili, nel limite massimo di 500 euro per ciascun addetto a cui sono destinati i DPI e fino a un importo massimo per impresa di 150.000 euro.

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Consegne a domicilio, modalità operative

Nate come servizio aggiuntivo che un’impresa offre ai propri clienti, sono diventate una delle poche opzioni per proseguire l’attività ai tempi del Covid-19. Scontrino, autorizzazioni, SCIA e principali aspetti fiscali.

Territorio, personale, organizzazione, orari, puntualità, sono tutti fattori determinanti nell’adozione di una strategia di vendita a domicilio che non possono essere trascurati: se lo si facesse, il margine di profitto sul prodotto venduto (la singola consegna) si ridurrebbe e, a volte, sarebbe solo una perdita in termini economici. Tante però sono le realtà che si stanno convertendo alle consegne a domicilio, da effettuare direttamente o tramite un’apposita app o agenzie esterne. Il Covid-19 ha poi accelerato questa tendenza che per alcune aziende è divenuta l’unica alternativa possibile alla continuazione della propria attività, tra quelle specificatamente sospese così come previsto nei decreti emergenziali. Esistono normative indipendenti all’emergenza, mentre alcune disposizioni sono state emanate in virtù dell’espansione del virus.
Prima regola fondamentale è quella di munirsi di apposita documentazione. Bar e ristoranti possono quindi effettuare consegne a domicilio. Per tali imprese, la consegna a domicilio è un servizio da sempre consentito e per il quale non è previsto un autonomo titolo abilitativo o SCIA. Per le altre attività, per cui non è prevista la consegna a domicilio, se le consegne sono sporadiche, non è richiesta alcuna autorizzazione aggiuntiva. Diversamente se le consegne sono rilevanti e costanti, è necessario munirsi di apposita documentazione e SCIA.
Il soggetto preposto alla vendita è l’imprenditore, il dipendente assunto con contratto di lavoro con vincolo di subordinazione, il fattorino quale lavoratore autonomo o occasionale, un agente o un’impresa esterna rispondenti ai requisiti stabiliti dall’art. 71, cc. 1, 3, 4, 5 del D.Lgs. 59/2010.
L’incaricato dovrà munirsi di apposito tesserino affinché possa essere riconosciuto dal cliente e durante il servizio deve rispettare tutte le norme igienico-sanitarie, nonché le disposizioni in termini di sicurezza emanate dal legislatore e dal Governo. Per gestire autonomamente il servizio della consegna a domicilio si deve assicurare che siano rispettate le norme igienico-sanitarie sia per il confezionamento che per il trasporto. La normativa a cui far riferimento è sia nazionale che sovranazionale volta al rispetto della qualità del prodotto che deve rimanere integro e lontano da qualsivoglia pericolo che possa incidere sulla sua conservazione o consumazione.
Durante l’emergenza Covid-19 le imprese devono quindi dotare il personale preposto di guanti e mascherine, nonché assicurare la distanza tra i dipendenti affinché possa rimanere integro sia il prodotto che la salute dei lavoratori. Più specificatamente, la consegna del prodotto deve avvenire secondo le modalità previste dalla normativa emergenziale. Non solo deve essere assicurato l’utilizzo di mascherine e guanti, ma il distanziamento interpersonale: i prodotti possono essere depositati nell’androne dell’abitazione o del portone di casa, nel rispetto del “contatto minimo” (cosiddetto contact less).
Infine, i beni e i prodotti da consegnare devono essere accompagnati dal documento di trasporto e dallo scontrino o la ricevuta fiscale. Se il cliente esplicitamente lo richiede, l’imprenditore deve emettere la fattura, che rimane esclusivamente una prerogativa del consumatore finale, posto che la vendita a domicilio non è a soggetta all’obbligo di emissione della fattura. Se non si paga subito, l’operatore economico deve rilasciare uno scontrino con l’indicazione “corrispettivo non pagato”. All’atto del pagamento, dovrà essere emesso un secondo scontrino con l’indicazione dell’importo complessivo. I corrispettivi saranno quindi memorizzati e successivamente trasmessi telematicamente all’Agenzia delle Entrate.

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Domanda alla banca di anticipo CIG per Covid

Importo forfetario di € 1.400 su conto dedicato, con successivo rimborso Inps. L’iter della procedura e le possibili conseguenze per il datore.

  • In base alla convenzione 30.03.2020 Abi-Governo-parti sociali, il dipendente sospeso a zero ore coperto da Cigo, cassa in deroga o da assegno ordinario erogato dal Fis può chiedere alla banca l’anticipazione dell’indennità che dovrebbe erogare l’Inps. Ciò consente ai dipendenti di ricevere tempestivamente l’indennità, mediante l’apertura di credito in un conto corrente apposito (se richiesto dalla banca) per un importo forfettario complessivo pari a € 1.400.
  • Procedura – La procedura stabilisce la necessità dell’informazione tempestiva dell’azienda (o del lavoratore) alla banca circa l’esito della domanda di ammortizzatore sociale.
    • Dovrà essere rilasciato un ulteriore documento con cui dichiarare di aver riportato nel modello SR41 (utilizzato per la rendicontazione delle ore di cassa effettive ai fini del pagamento diretto) gli estremi del conto corrente sul quale è stata erogata l’anticipazione bancaria: infatti l’Inps, con la cessione del credito effettuata dal dipendente alla banca, dovrà versare l’indennità a proprio carico su questo conto corrente, al fine di rimborsare l’anticipazione erogata dalla banca.
  • L’azienda – Nel caso in cui né l’Inps né in seconda battuta il dipendente estinguano direttamente il debito verso la banca, l’azienda potrebbe essere considerata obbligata solidalmente con il dipendente e tenuta al versamento, nei seguenti casi:
    • se ha effettuato errate comunicazioni o ne ha omesso altre obbligatorie in base alla convenzione;
    • se la mancata autorizzazione alla Cig o all’assegno ordinario è imputabile a una sua responsabilità.
  • Bonifico – L’apertura di credito cesserà con il versamento Inps dei trattamenti, che avverrà sul conto del lavoratore tramite bonifico Sepa contraddistinto dalla parola chiave “benef/covid19”.

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ANTICIPAZIONE BANCARIA PER I TRATTAMENTI DI CASSA INTEGRAZIONE

ABI ha definito la convenzione nazionale che consente ai lavoratori sospesi dal lavoro a causa dell’emergenza COVID-19 di ricevere dalle banche un’anticipazione dei trattamenti ordinari di integrazione al reddito e di cassa integrazione in deroga previsti nel Decreto Legge “cura-Italia” rispetto al momento di pagamento dell’Inps. ABI ha concordato modalità semplificate per determinare l’importo dell’anticipazione (1.400 €), tenuto conto della durata massima dell’integrazione salariale – 9 settimane – definita allo stato dal Decreto Legge “cura-Italia”, in considerazione dei bisogni immediati dei lavoratori sospesi dal lavoro e rendere operativa la misura nel più breve tempo possibile. La convenzione favorisce anche la gestione delle pratiche in “remoto”, così da limitare l’accesso in filiale alle esigenze indifferibili. Per questa ragione si raccomanda che i lavoratori interessati si rivolgano per telefono alla propria banca in modo che non sia necessario recarsi in banca per ricevere l’importo sul conto corrente. ABI invita le Banche, nell’applicare la Convenzione, ad evitare costi per i lavoratori che beneficeranno dell’anticipazione in coerenza con le finalità e la valenza sociale dell’iniziativa.

OGGETTO DELLA CONVENZIONE

È stata definita una procedura per l’anticipazione – da parte delle Banche – dei trattamenti di integrazione salariale ordinario e in deroga per l’emergenza Covid-19, a favore dei lavoratori interessati senza che ovviamente ne possano scaturire penalizzazioni nei rapporti creditizi per i datori di lavoro che sospendono l’attività.

MISURA DELL’ANTICIPAZIONE

L’anticipazione dell’indennità spettante avverrà tramite l’apertura di credito in un conto corrente apposito, se richiesto dalla Banca, per un importo forfettario complessivo pari a € 1.400, parametrati a 9 settimane di sospensione a zero ore (ridotto proporzionalmente in caso di durata inferiore), da riproporzionare in caso di rapporto a tempo parziale.

Tale anticipazione potrà essere oggetto di reiterazione in caso di intervento legislativo di proroga del periodo massimo del trattamento di integrazione salariale ordinario e in deroga di cui agli artt. da 19 a 22 del D.L. 18/2020.

L’apertura di credito cesserà con il versamento da parte dell’Inps del trattamento di integrazione salariale – che avrà effetto solutorio del debito maturato – e, comunque, non potrà avere durata superiore a 7 mesi.

LAVORATORI INTERESSATI

L’anticipazione spetta ai lavoratori (anche soci lavoratori, lavoratori agricoli e della pesca) destinatari di tutti i trattamenti di integrazione al reddito (di cui agli artt. da 19 a 22 D.L. 17.03.2020, n. 18 e dei successivi interventi normativi tempo per tempo vigenti), dipendenti di datori di lavoro che, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione del trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19, abbiano sospeso dal lavoro gli stessi a zero ore ed abbiano fatto domanda di pagamento diretto da parte dell’Inps del trattamento di integrazione salariale ordinario o in deroga, ai sensi degli artt. da 19 a 22 D.L. 18/2020 e delle relative disposizioni di cui agli accordi regionali. • Le parti concordano l’estensione dell’anticipazione all’assegno ordinario erogato dal FIS ai sensi dell’art. 19 D.L. 17.03.2020, n. 18 di cui sia richiesto il pagamento diretto e si impegnano a individuare da subito le modalità operative per l’estensione dell’anticipazione di cui alla presente Convenzione all’assegno ordinario per Covid-19 di cui all’art. 19, D.L. 17.032020, n. 18 erogati dagli altri fondi di solidarietà, in relazione alle relative specifiche discipline e ove ne sia richiesto il pagamento diretto.

Convenzione ABI

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INDENNITA’ 600 EURO ANCHE PER PROFESSIONISTI ISCRITTI A CASSE PROFESSIONALI (AVVOCATI, COMMERCIALISTI, ARCHITETTI, ECC)

Sempre dal 1° aprile, potranno presentare domanda per fruire del bonus di 600 euro – da indirizzare esclusivamente alle Casse professionali di appartenenza – i professionisti e i lavoratori autonomi in regime di libera attività (Consulenti del lavoro, dottori commercialisti, avvocati e tutti gli altri liberi professionisti o lavoratori autonomi iscritti alle Casse di previdenza private) che rientrano tra i destinatari degli interventi del Fondo per il reddito di ultima istanza (art. 44 del decreto Cura Italia).
Il decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, adottato il 28 marzo 2020, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce criteri di priorità e modalità di attribuzione del bonus.
L’indennità – pari a euro 600 – è riconosciuta, per il mese di marzo 2020, ai professionisti e lavoratori autonomi iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103 che abbiano percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo al lordo dei canoni di locazione assoggettati a “cedolare secca” (art. 3, D. Lgs. 23/11) o al regime delle locazioni brevi (art. 4 D. L. 50/17):
– non superiore a 35.000 euro, se l’attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
– tra 35.000 euro e 50.000 euro per cessazione dell’attività (con chiusura della partita IVA, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020) o per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa (a tal fine occorre una comprovata riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019.
Tale reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività, la loro attività autonoma o libero-professionale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19).
Il professionista/lavoratore autonomo deve essere in regola con gli obblighi contributivi relativi all’anno 2019.
L’indennità non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Le domande vanno presentate dal 1° aprile al 30 aprile 2020 (sono considerate inammissibili le istanze presentate dopo) agli enti di previdenza di iscrizione secondo modalità e schemi predisposti dai singoli enti previdenziali.
Alla domanda va allegata (a pena di inammissibilità) una dichiarazione del lavoratore interessato (DPR 28 dicembre 2000, n. 445) con la quale, a seconda della fattispecie per la quale il bonus è richiesto, il professionista attesti:
a) di essere lavoratore autonomo/libero professionista, non titolare di pensione;
b) di non essere percettore dei bonus 600 euro previsti dal decreto Cura Italia (articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 96 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18), né del reddito di cittadinanza;
c) di non aver presentato per il medesimo fine istanza ad altra forma di previdenza obbligatoria;
d) di aver percepito nell’anno di imposta 2018 un reddito non superiore agli importi stabiliti dal decreto;
e) di aver chiuso la partita IVA nel periodo compreso il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, ovvero di aver subito una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito relativo al primo trimestre 2020 rispetto al reddito del primo trimestre 2019, ovvero per i titolari di redditi inferiori a 35.000 euro, di essere nelle condizioni stabilite dal decreto;
Alla domanda va allegata (sempre a pena di inammissibilità) la copia fotostatica del documento d’identità in corso di validità e del codice fiscale nonché le coordinate bancarie o postali per l’accreditamento dell’importo relativo al beneficio.
Gli enti di previdenza obbligatoria, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti, provvedono ad erogare l’indennità in base all’ordine cronologico delle domande presentate e accolte.

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GLI EFFETTI DEL DECRETO 22 MARZO 2020

Il D.P.C.M. del 22 marzo 2020 in vigore da oggi e sino al 3 aprile, riprende e richiama, in un non sempre facile collage, le precedenti disposizioni governative.
La prima cosa da evidenziare è il “periodo cuscinetto” ossia il tempo fornito alle imprese ed ai lavoratori di riorganizzare la propria attività, di andare in ufficio a prendere documentazione utile per lavorare in smart working o per predisporre tutte quelle attività propedeutiche alla spedizione delle merci o alla sospensione dell’attività. Infatti, il comma 4 del provvedimento dispone che “le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza”. Quindi ogni eventuale nuova sospensione avverrà dal 26 marzo.

Ma quali sono le attività sospese?

Il provvedimento le evidenzia per converso ossia inquadra quelle che possono proseguire a lavorare. Per loro però, al fine di una reale abilitazione allo svolgimento del lavoro, richiama le disposizioni condivise con le parti sociali in data 14 marzo circa la salubrità degli ambienti e la distribuzione dei DPI ai lavoratori, nonché il forte invito allo smart working.
Sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 che contiene un nutrito elenco di attività non sospese (sono circa 80) in cui sono ricomprese l’intera filiera alimentare per bevande e cibo, quella dei dispositivi medico-sanitari e della farmaceutica e, tra i servizi, quelli dei call center. È, altresì, precisato che l’elenco potrà essere aggiornato con decreto del Mise sentito il MEF.
Unitamente a queste, l’attuale D.P.C.M. richiama quelle attività commerciali già autorizzate ad operare in forza del D.P.C.M. 11 marzo 2020, come per esempio tutto il settore del commercio alimentare al dettaglio.

Come capire se l’attività è sospesa?

Le imprese e le partite IVA, se non titolari di attività commerciali già autorizzate dal D.P.C.M. 11 marzo, per saper cosa fare da oggi devono prendere la “white list” (allegato 1 al D.P.C.M.), ricercare all’interno il proprio codice di attività e così fare una prima valutazione. Se la ricerca è stata positiva possono proseguire nelle attività.

Se è stata negativa prima di organizzarsi per la sospensione devono effettuare altre verifiche.

Infatti, se le imprese possono organizzarsi in modalità a distanza o lavoro agile possono proseguire l’attività in ogni caso.

Se anche questa possibilità ha dato esito negativo, prima di gettare la spugna ed entrare in “riposo forzoso”, devono controllare se l’attività esercita rientrasse comunque nei punti E – F – G – H dell’art. 1 del D.P.C.M.
Troviamo in questi punti i servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146, l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici, nonché di prodotti agricoli e alimentari, le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti, le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.
Se anche dopo questa ricerca il nostro imprenditore o il nostro lavoratore autonomo non si fosse riconosciuto nelle attività consentite avrebbe ancora una ultima carta da giocarsi: il comma D.
Questo è il punto più complesso da analizzare.
Infatti. si dispone che restano sempre consentite anche le attività che sono “funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività legittimate a proseguire”. Per queste imprese però vige l’onere di darne tempestiva comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva.
Difficile interpretare con chiarezza cosa significhi essere funzionale ad altre attività e quanto lunga può essere la filiera. In questo caso però l’impresa è obbligata a dare immediata comunicazione al Prefetto per spiegare le ragioni della propria apertura ed attendere la risposta. Vige il principio del silenzio assenso.

Cosa si prevede per le professioni?

I professionisti iscritti agli ordini possono senza dubbio proseguire le loro attività, con tutte le precauzioni del caso e privilegiando lo smart working, in forza di generale abilitazione di cui al punto A e delle specifiche autorizzazioni secondo i codici Ateco.

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Misure in materia di lavoro nel decreto “Cura Italia” – Circolare per la cliente n.13/2020

Con il DL 17.3.2020 n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), il Governo ha inteso emanare misure urgenti per far fronte all’emergenza derivante dalla diffusione epidemiologica del Coronavirus.
Tra le disposizioni inserite nel provvedimento sono numerose quelle che riguardano l’ambito lavoristico e previdenziale. Tra quelle di maggior interesse si segnalano:
– un ampliamento dell’accesso agli ammortizzatori sociali e alle misure di sostegno al reddito;
– l’erogazione di una serie di indennità per lavoratori dipendenti di alcuni settori, autonomi, collaboratori e professionisti;
– l’equiparazione del periodo di quarantena alla malattia;
– la proroga dei termini per la presentazione delle domande di disoccupazione NASPI, DIS-COLL e disoccupazione agricola;
– la previsione di un congedo speciale o, in alternativa, la fruizione di un bonus baby sitting;
– il divieto di licenziamento collettivo o per giustificato motivo oggettivo;
– la sospensione dei termini per l’accesso alle prestazioni INAIL.

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D.L. 18/2020 “CURA ITALIA” – PRINCIPALI MISURE

E’ stato varato il Decreto Cura Italia che contiene misure di sostegno alle imprese, lavoratori dipendenti e autonomi e alle famiglie, in conseguenza all’emergenza sanitaria dovuta dal COVID-19.

Vi riportiamo una circolare di approfondimento sulle principali misure previste nel decreto.

Si attendono le procedure attuative con relativi chiarimenti da parte degli Istituzioni ed Enti, quali Agenzia delle Entrate, Ministero del Lavoro, Regioni e INPS, senza le quali la maggior parte delle misure previste non sono ancora effettivamente fruibili.

Il documento è aggiornato al 18 marzo 2020.

Scarica il documento

DL 18 17.03.2020 CURA ITALIA_V02